"Qui passo gli anni, abbandonato, oscuro, senz'amor, senza vita; ed aspro a forza tra lo stuol de' malevoli divengo: qui di pietà mi spoglio e di virtudi, e sprezzator degli uomini divengo..." (G. Leopardi)

martedì 15 marzo 2011

Terremoto in Giappone


La catastrofe che qualche giorno fa (11.03.2011) ha colpito il Giappone è chiaramente un evento di una portata incredibile.  Davanti alle agghiaccianti immagini del terremoto e dello tzunami successivo al terremoto si rimane esterrefatti. Il solo fatto di vedere le immagini in televisione è pauroso, figuriamoci a trovarcisi in mezzo.

Questo evento come anche il terremoto di L’Aquila e lo tzunami nell’oceano indiano del 2004, sono eventi che fanno riflettere su quello che noi esseri umani veramente siamo, “un granello di polvere portato dal vento”. Questi eventi ci mettono ancora una volta davanti alla nostra temporaneità e a tutti i nostri limiti.

Il nostro sentirsi al centro dell’universo e il mostro pensare di controllare questo nostro mondo, viene ridimensionato dall’incontrollabilità, dall’inevitabilità e dall’impotenza che sperimentiamo davanti ad eventi di tale portata.

Ad oggi, nonostante passi avanti incredibili in tutti i campi della scienza, siamo completamente impotenti davanti alla stessa entità che ci da la vita ovvero la natura.

La natura ci crea e ci spazza via in modo imprevedibile e inspiegabile anche con tutto il nostro sapere.

Questa realtà ci dovrebbe far rivedere il nostro modo di intendere progresso ed evoluzione. I nostri calcoli sui fattori di rischio dell’impatto delle nostre decisioni in relazione alla nostra stessa sopravvivenza in questo mondo.

Anzitutto ci dobbiamo rendere conto che per quanto lunga, la vita del nostro pianeta ha comunque una scadenza. Varie teorie ci danno termini diversi: c’è chi sostiene che la fine del mondo avverrà il 21 dicembre del 2012 basandosi sul calendario Maya e altre teorie simili, fino a scienziati di ogni campo che pongono un termine alla vita naturale del nostro pianeta in 2000 o 4000 anni da ora, basandosi su varie teorie scientifiche, fino a veggenti e sedicenti profeti che avanzano altre ipotesi ispiegabili.

Una cosa è certa: il nostro tempo in questo mondo ha una lunghezza, difficilmente misurabile con esattezza e soggetta al “caso”, ma sicuramente il nostro mondo non durerà per sempre.

Inoltre l’inevitabilità di eventi come il terremoto in Giappone ci pone davanti a molti interrogativi: quanto sappiamo ad oggi del nostro habitat? Quanto prevedibile sarà il nostro futuro e la nostra sopravvivenza? Anche se prevedibili, quali rimedi possiamo opporre a certi tipi di catastrofi?

Oltre a questi interrogativi gli stessi eventi ci danno a loro volta delle certezze:
Noi esseri umani non siamo i veri padroni del pianeta terra, o almeno lo siamo come ogni altro organismo, vegetale o animale che popola il pianeta.

Non siamo in grado di prevedere e gestire eventi come tzunami e terremoti in modo da non farli accadere o scongiurarne le conseguenze.

La natura sembra non tenere in considerazione la nostra specie, o almeno la considera al pari delle altre che noi esseri pensanti riteniamo inferiori.

Da queste certezze cosa si riesce a dedurre? Personalmente e senza pretese di essere nel giusto, mi sento di dire che dovremmo tenere un atteggiamento se non più reverenziale nei confronti della natura, almeno più rispettoso nella consapevolezza di lottare una lotta impari, dove noi esseri umani abbiamo un impatto simile ad una goccia d’acqua nell’oceano.

Spetta a noi uomini di applicare le tecniche che inventiamo e le nostre scoperte per limitare i danni che la natura può provocarsi, sempre nella consapevolezza dell’inevitabilità della sconfitta nella battaglia contro la natura. Prevenire, e non solo sulla base della ricerca scientifica, prevenire tenendo presente che, anche se non sappiamo quando,  prima o poi eventi come il terremoto in Giappone avverranno.

Dovremmo acquisire la consapevolezza che qualsiasi valutazione di rischio fatta dall’uomo, non fa i conti con le vere potenzialità della natura. La sicurezza di una centrale nucleare ad esempio, valutata entro certi parametri, diventa una istallazione troppo pericolosa da realizzare se non un vero e proprio suicidio, se valutata in base alla distruttività della natura, potenzialmente infinita.

Quello che rimane chiaro dopo lo sconforto provocato dalle immagini della catastrofe giapponese è essenzialmente un aspetto positivo di noi appartenenti al genere umano: nonostante la catastrofe che ha mietuto vittime a migliaia e la devastazione che ne ha conseguito e che ha fiaccato lo spirito di rialzarsi e reagire, la popolazione giapponese rimane è rimasta operosa e  capace di reagire in maniera solidale e con spirito di sacrificio.

Questo aspetto rende il genere umano essenzialmente unico. Nella catastrofe ognuno da il meglio di se, ognuno mette in campo tutte le sue forze e tutto il suo ingegno per il comune e supremo fine della sopravvivenza.

Il popolo del Giappone nel suo onorevole silenzio, con l’aiuto del resto del mondo, sta lavorando a testa bassa, affrontando gli insormontabili problemi creati dalla catastrofe, per garantire la propria sopravvivenza e la sopravvivenza del genere umano.

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