"Qui passo gli anni, abbandonato, oscuro, senz'amor, senza vita; ed aspro a forza tra lo stuol de' malevoli divengo: qui di pietà mi spoglio e di virtudi, e sprezzator degli uomini divengo..." (G. Leopardi)

martedì 21 dicembre 2010

Heart of Darfur


Ho letto questo libro scritto da una ragazza che per nove mesi ha lavorato come infermiera con l'Organizzazione Medici Senza Frontiere, durante la crisi del Darfur, in Sudan.

Il Darfur è la regione ovest del Sudan, che per alcuni anni è stato territorio di battaglia tra le truppe governative del Sudan, l'Armata di Liberazione del Sudan e altre gruppi tribali locali.

Per chi come me ha partecipato a missioni internazionali operando in territori post bellici e in crisi umanitarie, è un libro facile da leggere, ne traspare il senso di frustrazione e di impotenza di chi va in certi luoghi per aiutare, per "fare la differenza", con tutti i buoni propositi che si hanno a priori, ma si trova davanti a una situazione che non si puo' cambiare alla radice, ma si cerca di tamponare come meglio si puo'.

L'operatore umanitario puo' fare la differenza in singoli, piccoli casi, puo' salvare la vita o alleviare le sofferenze di un certo numero di persone, ma è impotente davanti alla devastazione e alla crudeltà della guerra.

Il senso di frustrazione aumenta quando oltre agli orrori quotidiani, si percepisce anche l'inadeguatezza delle soluzioni proposte a livello politico, e l'insufficienza dello sforzo umanitario nei confronti delle persone colpite dal conflitto.

Come l'autrice spesso spiega, scrivere questo libro serve a non dimenticare gli amici del Darfur, narrare singole storie che per alcune ore o al massimo alcuni giorni si sono intrecciate con l'opera umanitaria dell'autrice, serve a non dimenticare chi ha sofferto e soffre, oppure è morto o è destinato a morire.

Ci sono domande che l'autrice si pone alla fine del libro: a cosa sono serviti i nove mesi in Darfur? Ho fatto veramente "la differenza"?, E' valsa la pena almeno di tentare? E altre domande che al termine di una simile esperienza, vissuta con dedizione e con grande dispendio di emergie fisiche e mentali, sorgono spontanee.

Alcune risposte sono evidenti, ogni vita salvata è una vittoria, ma quante sono le vite che non si riesce a salvare? Quante le persone che non avranno mai voce per urlare le proprie sofferenze e sono destinate a morire nell'indifferenza ed essere dimenticate da tutti?

Ho letto altri libri simili scritti da così detti "volontari delle Nazioni Unite", da giornalisti e scrittori vari. Nessuno tra gli autori che ho letto, riesce a descrivere la miseria della gente senza inventare qualche narrazione che non corrisponde alla realtà. Quasi nessuno riesce a descrivere le sofferenze delle vere vittime della guerra, non i governi, non i politici o gli eserciti, ma le persone che la guerra la subiscono sulla propria pelle.

Non descrivono questa realtà perchè non l'hanno vissuta e non la vivono. La maggior parte degli operatori di organizzazioni internazionali, vivono i conflitti in modo marginale, mai coinvolti in prima persona, mai a contatto diretto con la gente. Sono osservatori da una posizione privilegiata e spesso troppo distante dalla relatà e dalle reali sofferenze della vittime.

L'autrice di questo libro, che ha vissuto e aiutato le popolazioni, vere vittime della guerra in Darfur, descrive la realtà come la conosco anche io, come anche io l'ho vissuta con le emozioni che suscita dirabbia e frustrazione, una realtà che urla di dolore ma la cui voce per colpa o dolo, non viene udita.

Cercando di dedicare tutta se stessa ad aiutare i bisognosi, si deve rendere conto che nonostante tutto lo sforzo profuso, ci sono altri che non ci mettono la stessa energia, le risorse non sono mai sufficienti e le soluzioni trovate per alleviare fame, sete e malattie, sono sempre fortunose e temporanee a causa della guerra e dell'ingiustizia.

Ho letto molto volentieri tutta la narrazione dando il mio contributo a non dimenticare tutte queste vittime. Mi consola che ci sia qualcuno che come me, si sente la coscienza pesante nel vedere che lo sforzo internazionale non è nè indirizzato a dovere verso la risoluzione dei conflitti, nè sufficiente nei numeri, per risolvere i problemi di migliaia di persone, vittime dei conflitti.

Che io lo abbia letto nell'ottica giusta o no... è un bel libro.... io lo consiglio.

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