"Qui passo gli anni, abbandonato, oscuro, senz'amor, senza vita; ed aspro a forza tra lo stuol de' malevoli divengo: qui di pietà mi spoglio e di virtudi, e sprezzator degli uomini divengo..." (G. Leopardi)

martedì 5 luglio 2011

La pace in Sudan... passa dalla Cina

Recentemente il Consiglio d'Europa ha reso pubbliche le conclusioni del Consiglio a proposito del Sudan.

Il documento articolato in 14 punti riassume tutti gli attuali problemi del paese e le aspettative di cambiamento dell'Europa.

I punti chiave del documento si possono riassumere come segue:

- il rispetto dell'Accordo di Pace di Naivasha del 2005 che garantiva l'autonomia del Sud Sudan e il referendum tenutosi nel 2011;
- la necessità di cessare le attuali ostilità sulla linea di confine tra Nord e Sud, auspicando un processo di transizione pacifico fino alla piena indipendenza del Sud;
- la delimitazione dei confini tra il Nord e quello che sarà il nuovo stato del Sud Sudan a partire da Luglio 2011;
- gli accordi relativi ai giacimenti di petrolio;
- il mandato di cattura a carico del Presidente Bashir per crimini contro l'umanità commessi in Darfur, mandato spiccato dalla International Criminal Court;
- e in fine anche la necessità di rispettare la sicurezza e i diritti delle popolazioni civili. In Sudan ci sono 70.000 "Displaced Persons" nel 2011. Popolazioni bisognose di tutto, dal cibo alle cure mediche, alla necessità di tornare a vivere nelle proprie case.

Un bel riassunto di tutti i problemi del Sudan. Purtroppo, a parte una serie di promesse di aiuti e cooperazione, unite ad aspettative di instaurare rapporti diplomatici stabili, la Comunità Europea non sembra avere proposte concrete per favorire un eventuale processo di pace.

Chi invece "bada al sodo" e non si limita a mere chiacchiere è la Cina.

La Cina è ad oggi il principale partner commerciale del Sudan soprattutto nel settore petrolifero. La Cina gestisce gran parte delle risorse petrolifere del Sudan e ha interessi di carattere commerciale ed economico sia nel Nord, dove gestisce buona parte dei sistemi di trasporto del petrolio, sia nel Sud dove gestisce pozzi e siti di estrazione.

La Cina che non è firmataria del Trattato di Roma e quindi non aderisce all'accordo relativo alla International Criminal Court (Tribunale Criminale Internazionale), in questi giorni ha ignorando l'esistenza di un mandato di cattura internazionale a carico di Bashir, ospitando il Presidente del Sudan in un incontro a Pechino dove i due paesi hanno rinnovato i reciproci rapporti di amicizia e di carattere commerciale ed economico. 

Nonostante la Cina sia anche il principale fornitore di armi del Sudan, come denunciato da alcuni osservatori internazionali, gli attuali disordini che sconvolgono il paese non sono di buon auspicio per i futuri rapporti commerciali. Bashir lo sa benissimo e sicuramente non avrà intenzione di perdere miliardi di investimenti cinesi.

Alla luce di questi fatti è plausibile pensare che i combattimenti di Abyei e del Sud Kordofan, al confine tra Nord e Sud Sudan, cesseranno nel prossimo futuro. E' anche plausibile pensare che se la data per la definitiva indipendenza del Sud Sudan verrà rispettata (la definitiva transizione dovrebbe avvenire il 9 Luglio 2011), anche le ostilità di confine cesseranno. 

Gli scontri attuali sono probabilmente un tentativo di Bashir di accaparrarsi quante più aree di estrazione petrolifera possibile, nel tentativo di trovare un accordo sui confini basato sugli attuali rapporti di forza e sulle attuali aree di controllo ed influenza. 

Sia per il Nord Sudan che per il Sud Sudan, gli investimenti e gli interessi cinesi sono e continueranno ad essere di primaria importanza per entrambe le economie. Sarà necessario per i due governi instaurare dei rapporti di collaborazione per garantire la sicurezza delle istallazioni petrolifere e delle istallazioni che garantiscono il trasporto del petrolio fino a Port Sudan e agli impianti costieri di stoccaggio, superando così le lotte per i reciproci confini.

Ovviamente ci sono possibili interferenze che potrebbero inficiare il positivo evolvere della situazione nella direzione descritta. I vari gruppi combattenti non facenti capo a nessuno dei due governi potrebbero almeno in un primo momento, continuare le ostilità... ma tutto ha un prezzo... che va oltre ogni nobile fine di libertà.

I governi di Nord e Sud dovrebbero anche considerare la situazione del Darfur, includendo l'area in progetti di sviluppo e assistenza mirati al miglioramento delle condizioni delle popolazioni ivi residenti in modo da attenuare le velleità guerriere dei Movimenti di Liberazione operanti nell'area. 

Infine, l'incognita che potrebbe ostacolare un pacifico evolvere delle cose è dovuto al terrorismo islamico. Non dimentichiamo che il Sudan è da sempre un covo del fondamentalismo islamico legato ad Al-Qaeda e che generalmente l'estremismo islamico agisce in base alla propria ideologia, indipendentemente da ogni interesse economico dei governi. 

Questa transizione realisticamente possibile (e auspicabile, soprattutto per le popolazioni civili) non è ovviamente dovuta alla propensione umanitaria dei governi di Khartoum e Juba ma esclusivamente di carattere economico dovuto agli interessi cinesi in Sudan.

Nel frattempo, non dimentichiamo che il numero delle vittime civili aumenta ogni giorno e la carenza di aiuti umanitari rimane cronica. 

L'aspetto umanitario che potrebbe migliorare nel prossimo futuro, rimarrà comunque un aspetto residuale e solo una conseguenza della convenienza economica. Ironicamente un evolvere della situazione nei termini descritti, potrebbe soddisfare anche le richieste di pace della Comunità Europea che considererà il fatto come un grande successo della diplomazia comunitaria.

Vedremo...

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